Chiesa di Brugora
Le origini del monastero dei Santi Pietro e Paolo risalgono
all'anno 1102, uno dei più antichi complessi architettonici
monastici, forse di origine molto più antica, grazie
ad un ritrovamento di un basamento di 25 metri quadrati
di una remota torre, composta da cemento antico e resti
di cenere. La famiglia Casati, che in quel periodo era molto
potente, aveva castelli in Casatenovo e Montesiro detto
"monte", quattro monasteri, più numerose
proprietà sparse tra Cazzano e valle Guidino. I
Casati erano di origine Longobarda iniziando le loro ricchezze
attorno all'anno 700. Nella località detta Brugora,
dimorava Eriberto Casati sacerdote, dove possedeva un edificio
con annessa una chiesa con torre, che per la grande devozione
verso Cristo volle trasformarlo in un monastero, per accogliere
alcune monache con un riguardo particolare a quelle della
sua famiglia. La
prima costruzione del monastero doveva essere limitata al
fabbricato adiacente alla chiesa, verso la facciata dell'ingresso
e sicuramente non riusciva a soddisfare le esigenze delle
suore, visto che Eriberto scriveva gia dal primo anno di
vita del monastero di ampliare l'edificio.
Nel 1103 ottenne la protezione della Santa Sede, che, con una
bolla del Papa Pasquale II, si chiedeva per questo servigio
una somma di lire 12 annue. Questo significava che il monastero
doveva essere libero da ogni pendenza ed intromissioni di
ogni sorta, cosa che non si verificò. Infatti i Casati,
dettarono la loro influenza sulla vita monastica in particolare
sulle nomine delle abbadesse, che dalla sua fondazione fino
al 1461, era di loro appannaggio. La prima abbadessa fu Nicodilla Casati, imposta dalla famiglia
Casati, con nomina perpetua, ossia fino alla morte, circostanza
che si verificò per tutte le altre abbadesse fino
al 1491. Nel 1139, Papa Innocente II emanò una bolla
diretta alla badessa Beatrice, ove gli si dà, la
facoltà di poter dare sepoltura delle monache stesse,
all'interno del monastero, sempre che non siano state poste
a scomunica e di poter avere un cappellano dalla parrocchia
di Milano, scelto per onestà e liberamente di trattenerlo
nel convento anche contro la volontà di qualsivoglia. Nel
1180 una bolla di Papa Alessandro III, libera le monache
dal vincolo delle decime, ovvero la tassa di 12 lire richieste
nel 1103 dalla Santa Sede e che comunque non veniva più
effettuato dal 1145. Nel 1244 venne chiesto al monastero,
il pagamento 99 anni tutti in una sola volta, incarico che
fece il prete Enrico di Cazzano, che, come messo del monastero,
effettuò il pagamento a Milano, (dopo Eriberto casati,
il fondatore del monastero è il più antico
sacerdote che si conosca nel comune). Il monastero nell'anno
1413 rimase senza suore e solo grazie al sacerdote Paolo
casati, convinse alcune monache a ritornare. Le suore non
tolleravano molto l'intromissione della famiglia Casati
e fu così che nel 1430 le suore fecero un primo tentativo
di ribellione verso i Casati senza riuscirci.
Nell'ottobre
del 1447, le monache ritentarono di opporsi ai Casati, ma
con poco successo, infatti nello stesso giorno, imposero
la Anexiam de Caxate, che rimase in carica per un anno,
poi la Mafiola de Casate ed infine l'ultima abbadessa perpetua
la Stefanina Giussani, che morì il 12 Gennaio 1491.
La svolta fu con Marta de Casate, abbadessa rifiutata dalle
monache ed eletta per vera votazione unanime, la Beltramina
da Omate, prima di una lunga serie di abbadesse triennali.
I Casati intentarono una causa legale contro le monache,
che nel 1492, persero pagando una penale di ben dodici ducati. Con
Beltramina Omate, inizio il risorgere del monastero, ampliarono
i fabbricati e il numero delle monache, che raggiunse un
numero ragguardevole. Successivamente il monastero entrò
nuovamente in crisi, grazie alla decisione di San Carlo,
che volle sopprimere tutti i monasteri non efficenti e rivalutare
altri. Per opporsi a quella decisione, si riunirono tutti
i quattro monasteri della Brianza e grazie all'interessamento
di alcune famiglie nobili e potenti, tra le quali i Nava,
i Serbelloni e i della Torre. Questi presentarono alla congregazione
dei Regolari, un memoriale esponendo in 10 punti, tutte
le motivazioni per opporsi alla chiusura. San
Carlo ribette, giustificando il suo operato, col dire che
i finanziamenti erano pronti per pagare i monasteri di Milano
e che le soppressioni erano aumentate per evidenti mancanze
di comodità, ubicati in luoghi disabitati senza medici
ne sacerdoti.
I parenti delle monache inoltrarono un ulteriore opposizione
elencando altrie motivazioni, tanto che alla fine ebbero
il permesso di proseguire il loro mandato, facendo vendere
solo il monastero di Vigevano (Vendità effettuata
il 18 luglio 1583 al collegio degli Svizzeri per la somma
di 58000 lire) tramite una breve del Papa Gregorio XIII
e della Sacra congregazione.
Dal il 1500 la chiesa in funzione di diverse visite pastorali
subì numerose modifiche, più o meno importanti.
Il cappellano di brugora, Francesco Carpano nel 1688 scrive: fabbrica assai moderna, di una sola nave alta più
di trenta braccia e larga 20. Era stata tolta la copertura
a capriate sostituendola con una più moderna con
volte a crociera. Con la Repubblica Cisalpina avvenuta il 1798, il monastero fù
venduto all'asta ed un certo Tommaso Giussani, frabbricante
di scarpe per l'esercito, un uomo molto ricco, munito di
un salva condotto per poter girare indisturbato.
Saputo della messa in vendita del monastero, si fece avanti,
aggiudicandosi il complesso con tanto di monache, precisamente
30 più 10 converse, che si ridussero presto a 12
e 6 converse.Il Giussani aveva l'obbligo di far dimorare
le monache previo un affitto di lire venti annui. Nonostante
tutto il Giussani non dava pace alle povere monache, tanto
che il giorno 11 agosto 1802 fu diffidato dalla pretura
della Martesana, per avere indebitamente occupato i locali
non suoi e molestato le monache, non contento trafugo anche
l'altare della chiesa in legno. Il numero delle monache scese a due, l'abbadessa Bonanomi e
la priora, che animate da speranza chiesero che fosse lasciata
a loro la chiesa, dove erano sepolte dal 1102, tutte le
loro compagne defunte, una devozione che portavano da oltre
700 anni.Il 29 marzo 1804 anche le due monache furono costrette
ad abbandonare il monastero, per la gioia del Giussanio
che ne prese definitivamente possesso. Tommaso Giussani,
non fu fortunato con i figli, Camillo e Rachele. Camillo
Giussani fu un despota nei suoi confronti, tanto da essere
diseredato, lasciandogli solo la legittima parte, nominando
erede universale il suo amico Lorenzo Scola.
Dopo la morte,
avvenuta il 17 Gennaio 1816, il figlio Camillo impugnò
il testamento, perdendo la causa, fu così che gli
stabili rimasero di proprietà di Lorenzo Scola. Il
24 settembre 1833 vennero ceduti ai nipoti don Giacomo Scola
e Giuseppe Scola.
Lorenzo Scola si impegnò per far maritare il nipote
Giuseppe, con Tobietta Lepori, matrimonmio avvenuto nel
1830.
Giacomo Scola cedette al fratello la sua parte di proprietà,
in questo modo tutto il complesso di Brugora compreso i
terreni furono di Giuseppe, che a sua volta passò
al suo unico figlio Lorenzo nato a Montesiro il 13 aprile
1832.
Lorenzo sposò Angelica Ferrario e dalla loro unione
nacque Giuseppina morta il 24 ottobre 1882.
Con testamento avvenuto il 24 settembre 1896 Lorenzo Scola nominò
erede unico la moglie Angelica.
Nel 1907 la signora Angelica per ricordare la figlia Giuseppina,
diede disposizione che alla sua morte la proprietà
passi alla congregazione di carità di Besana con
l'obbligo di fondare un ricovero per ammalati bisognosi,
intitolato "Ospedale Giuseppina"
Angelicà morì il 21 ottobre 1919 e nel 1923
iniziò l'attività della casa di riposo "Ospedale
Giuseppina Scola" ancora oggi in piena attività.
I Cappellani di Brugora
Nella
bolla papale del 7 Febbraio 1139, rilasciata da Papa Innocenzo,
diceva che le monache avevano la facoltà di scegliere
come cappellano una persona onesta ed idonea dalla parrocchia
di Milano.
Nella successiva bolla, del 1180, la facoltà di scegliere
un cappellano e di trattenerlo nel medesimo monastero è
riconfermata con le medesime parole. Oltre al cappellano,
le monache avevano un prete confessore e si nota che mentre
al cappellano corrispondevano nel 1670 un compenso di lire
330 annue, al confessore gli andavano lire 1000 annue. La
messa nella chiesa di Brugora fu celebrata per molti anni
dal parroco di Calò fino a che non fu costituita
la parrocchia di Monte. I1 monastero, oltre al cappellano
e al confessore. ebbe anche un protettore che fu quasi sempre
un sacerdote. Furono protettori del monastero il curato
Sirtori, Pietro Tentorio canonico di Besana, Pietro Cuzzi
prevosto di Besana. Angelo Varano prevrosto di Missaglia,
Petrum de Lambolatia rettore di Montesiro, ecc. A Brugora
dicevano messa saltuariamente tutti i parroci delle parrocchie
vicine.
Nel
1479 fu concessa da Ascanio Visconti, Cardinale a latere
nella chiesa e ducato di Milano, di poter celebrare da un
sacerdote, due messe, una nella chiesa esterna del monastero,
ed una per la chiesa interna delle monache. Nella chiesa
di Brugora venivano celebrati anche i battesimi ma nel 1578,
S. Carlo ordinò: “Venga tolto il vaso del battistero
e più oltre nessuno venga battezzato” Così
proibì anche di ricevere i sacramenti dal cappellano
di
Brugora. Gli uomini di Brugora continuino a ricevere i SS.
Sacramenti nella chiesa parrocchiale di Monte e dal parroco
della stessa chiesa. Del cappellano parla anche la bolla
di Papa Innocenzo del 1491, dove dice che le monache possono
scegliere un buon prete anziano di coscienza timorata di
buona mente e fama, secolare o di qualche ordine, come guida
e consigliere e padre spirituale del monastero col consenso
della presente abbadessa e possano secondo il loro piacere
allontanarlo.
Elenco dei cappellani di Brugora di cui si conosce il nome
1339 |
Dionisio
Serosato |
1554 |
Iacobus
de Fumagallo |
>1609 |
Battista
Ripamonte |
1688 |
Francesco
Carpano |
1741 |
Giuseppe
Antonio Consonni |
1771 |
Riboldi
de Besana |
1805 |
Gaspare
Beretta |
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